>
E allora ne prendo uno nei cerchi grechi,
che par quasi non ci si faccia caso, quasi scontato, pigliare il metallo pregiato in questi giochi di cui mi hanno overdosato.
Nome russo, etimologia fredda, sguardo vacuo e polsi in fascia.
Igor, a vedertelo a spasso, gli offriresti da bere ma anche una copertina sulle spalle e ‘cosa fai in giro ancora a quest’ora dai vai a casa che è tardi’. Dai.
La bolgia è quella infernale, un classico che si può affermare poichè dentro il tinello ci son tutti i babilonici di Olimpia a provenir dai cinque continenti e a fare il tifo, tutti contenti.
E tutti quanti fischiettano di brutto e sicuro ad un punto scorgo in udito un Buffoni Buffoni lì rivolto in coro di mezzo alle giacche nere di molto soft distinguersi fra i porconi.
E c’han ragione ma il Canadese in toga con congiuntivite mazzettata non ha visto i cinque rimbalzi in volteggio di un pesce chiamato Nemov.
Ma a Igor gli frega una cippa.
Aspetta che quelli facciano i burattinai ed i cioccolatai, che spostino qualche decimale non troppo in favore della grande madre e poi dai, su, che tocca al mangia hamburgher.
Lascia saltar su e giù anche quel fratello Hamm in un esercizio da distinto e poi via, magnese gessata ai palmi e si schizza ad insegnare in ginnico.
Quando la tocca, la sbarra, quella sicuro canta.
Ma te guarda, il Cassina.
Quello che gli hai pagato il lattino al bar.
Hop hop hop ed è tutto un fascio di nervi, che se per caso gli girano i cinque minuti altro che balle: ti prende, ti arrotola in spiedo e anche quando non ne ha voglia ti fa di molto male.
Ma intanto Igor ancora volteggia, che sembra una libellula.
Tasso tennico in me spettatore sotto le scarpe e rispolverato come te lettore ogni quadriennio perciò saperne di ginnastica zero ma far finta d’esserne esperto, beh quello…
Ma tu guardalo, quello: tengo le pupille dilatate in trattenuto respiro e lui si stacca e si riattacca a quella sbarra.
Alla fine, si lancia.
Atterra.
Nel mezzo, ancora e ancòra, come una piuma in perla, volteggia che non si ferma.
Oh bella.
Ha messo i pedini a terra: pari pari sotto i muscoli uniti in asse verticale.
Si sarà scordato adesso degli esercizi sempre uguali e del mazzo tanto che si faceva da anni, sempre con lo stesso ritmo, uno due tre quattro.
Suona l’inno e stanotte sono tutto un po’ più sciolto: mi butterò in carpiato sul letto.
Atterro sul freddo.
Fottuto pavimento.