nov 23, 2004 - Senza cicatrici No Comments
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Tango
Bisogna rispondere al colpo, essere buoni incassatori.
Sentire la batosta e mandar giù il sangue che ti sale in gola.
Perché non tutte le mattine ti alzi col culo in carta da parati: ci sono giorni che la vita ti svernicia il deretano e le tue chiappe stanno al vento belle esposte assieme al tuo didietro.
Allora due soluzioni: puoi cercare un martello e schiacciarti ancora di più i maroni, cercare un molo ed immolarti senza soluzione oppure, come detto, rispondere al colpo.
Se non scegli mai, capiterà sempre che mai paghi.
Ma se incontri qualche curva sarà inevitabile che presto o tardi lascerai qualche pozza di vomito per le vertigini o l’ulcera o la colpa.
Io, a usmare bene, credo di aver tirato su un bel po’ di bocconi d’anima in sti giorni, ‘mo va là.
E sono ancora in giro fra bollette e sante banche, mancanze e mutamenti.
Mi capita sempre più di irrequietarmi notturno e orizzontale assieme al niente.
Il fisico funge e la testa elabora ma valla tu a spiegare l’insonnia, la sua assenza, il rimorso, le notti di veglia, il cellulare muto, gli sguardi impressi dentro, l’incertezza, il non sapere cosa succederà sotto ai denti domani, i figli di puttana, chi viene a sapere e dal nulla ti richiama, gli sbagli per dimenticanza o per dimenticare, le costruzioni mentali in eccesso, la visione ravvicinata della tua tazza del cesso, la televisione accesa sui occhi che non la guardano, la stessa pagina del libro riletta eterna e abbandonata sul comodino, la continua ricerca di almeno una cosa che ti dia sicurezza, la voglia improvvisa di pranzare dai tuoi genitori, la riscoperta della mancanza della sua carezza, giocata e persa.
Alla mia testa di cazzo, a quello che odio di me e quello che pur sapendo ancora sbaglio.
Prosit.
Succede di sentirmi un piccolo pirla di fronte all’immensità di puttanate da meraviglia che combino.
Formato gigante, proprio come adesso, che attraverso giorni di attesa aspettando giudizi d’altri su vita mia e allora oltre a tutto questo c’è che sudo notturno.
Prima che venga notte l’ansia mi assale e comincio a fare l’animale.
Sudo, ho paura: di tutto e di niente.
Ingigantisco gli scarafaggi e penso all’Inps, all’affitto e alle insegne da esporre sopra un cartello che ancora non mi appartiene.
Non possiedo nulla, nemmeno i miei sbagli e mi riavvolgo nel tentativo di capire come non rifarli.
Risultato: mi sfracco la testa fra rimorsi e vuoti di essenza.
Comprendo benissimo il mio lato oscuro e realizzo che sicuro ma guarda che coglione sono stato e certo riguardati come mi sono comportato.
Nel frattempo ammetto che rifarei esattamente lo stesso.
Insomma da me che vorrei io non esco.
Ah si poi anche addirittura vorrei ringraziare chi mi è stato accanto e chi mi ha dato tanto ed in questo slancio da mortificazione mi sento ancora più solo e mi rannicchio e faccio che mi guardo dal di fuori e mi vedo far finta di niente con la gente o peggio ancora fare con chi non dovrei l’indifferente.
Poi mi accorgo delle parole che avrei potuto, dei gesti che non ho mai e che e di come inevitabilmente faccio sempre ed indistintamente tutto il contrario che invece dovrei.
Al fine scrivo, come per rimettere in sesto il tiro.
Ma so già che smesso di buttar su tasti dovrò ritornare ad inquietarmi.
Pensieri ciclopi e predisposto a nuovi fori.
Sentire la batosta e mandar giù il sangue che ti sale in gola.
Perché non tutte le mattine ti alzi col culo in carta da parati: ci sono giorni che la vita ti svernicia il deretano e le tue chiappe stanno al vento belle esposte assieme al tuo didietro.
Allora due soluzioni: puoi cercare un martello e schiacciarti ancora di più i maroni, cercare un molo ed immolarti senza soluzione oppure, come detto, rispondere al colpo.
Se non scegli mai, capiterà sempre che mai paghi.
Ma se incontri qualche curva sarà inevitabile che presto o tardi lascerai qualche pozza di vomito per le vertigini o l’ulcera o la colpa.
Io, a usmare bene, credo di aver tirato su un bel po’ di bocconi d’anima in sti giorni, ‘mo va là.
E sono ancora in giro fra bollette e sante banche, mancanze e mutamenti.
Mi capita sempre più di irrequietarmi notturno e orizzontale assieme al niente.
Il fisico funge e la testa elabora ma valla tu a spiegare l’insonnia, la sua assenza, il rimorso, le notti di veglia, il cellulare muto, gli sguardi impressi dentro, l’incertezza, il non sapere cosa succederà sotto ai denti domani, i figli di puttana, chi viene a sapere e dal nulla ti richiama, gli sbagli per dimenticanza o per dimenticare, le costruzioni mentali in eccesso, la visione ravvicinata della tua tazza del cesso, la televisione accesa sui occhi che non la guardano, la stessa pagina del libro riletta eterna e abbandonata sul comodino, la continua ricerca di almeno una cosa che ti dia sicurezza, la voglia improvvisa di pranzare dai tuoi genitori, la riscoperta della mancanza della sua carezza, giocata e persa.
Alla mia testa di cazzo, a quello che odio di me e quello che pur sapendo ancora sbaglio.
Prosit.
Succede di sentirmi un piccolo pirla di fronte all’immensità di puttanate da meraviglia che combino.
Formato gigante, proprio come adesso, che attraverso giorni di attesa aspettando giudizi d’altri su vita mia e allora oltre a tutto questo c’è che sudo notturno.
Prima che venga notte l’ansia mi assale e comincio a fare l’animale.
Sudo, ho paura: di tutto e di niente.
Ingigantisco gli scarafaggi e penso all’Inps, all’affitto e alle insegne da esporre sopra un cartello che ancora non mi appartiene.
Non possiedo nulla, nemmeno i miei sbagli e mi riavvolgo nel tentativo di capire come non rifarli.
Risultato: mi sfracco la testa fra rimorsi e vuoti di essenza.
Comprendo benissimo il mio lato oscuro e realizzo che sicuro ma guarda che coglione sono stato e certo riguardati come mi sono comportato.
Nel frattempo ammetto che rifarei esattamente lo stesso.
Insomma da me che vorrei io non esco.
Ah si poi anche addirittura vorrei ringraziare chi mi è stato accanto e chi mi ha dato tanto ed in questo slancio da mortificazione mi sento ancora più solo e mi rannicchio e faccio che mi guardo dal di fuori e mi vedo far finta di niente con la gente o peggio ancora fare con chi non dovrei l’indifferente.
Poi mi accorgo delle parole che avrei potuto, dei gesti che non ho mai e che e di come inevitabilmente faccio sempre ed indistintamente tutto il contrario che invece dovrei.
Al fine scrivo, come per rimettere in sesto il tiro.
Ma so già che smesso di buttar su tasti dovrò ritornare ad inquietarmi.
Pensieri ciclopi e predisposto a nuovi fori.