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Mi avvolgo nelle coperte sperando che ne rilascino il mantice.
Dopo la quarta muta forse mi usciranno parole a chiave.
Ma ora è solo vuoto quello che provo.
Non mi dire che capisci, non mi fare il compagnone, non mi stare addosso con la scusa dello sfogo.
Solo. Voglio restare solo. Voglio essiccarmi , sudare e poi sbollire.
Ai miei fianchi, afferrami e stringimi ai lati.
Schiaccia forte con le mani e poi strappa se ci riesci.
Non mi serve a niente, ho ancora male.
Male che cresce, e la notte combatte con le mie ossa e la mia pelle, che mi devasta la mente.
Non sarà più quel che non volevo vedere.
Non sarà più un’altra occasione.
Non sarà più un’attesa di un’altra attesa.
Non sarà e pensare che sarebbe bastato un niente.
Anziché nascondersi dietro le paure di malattie finte.
Perdendo di vista la gioia di vivere.
Hai fatto traballare il mondo.
E la scossa.
Alla fine.
Per ultimo.
Mi ha raggiunto.
Mi ha fatto cascare.
Capire.
Farmi male.
Che da qui.
Per terra.
La vista è diversa.
Tutta un’altra cosa.
Dalla mia incredule presunzione d’altezza.
Data da quel che ritenevo saldo.
E che invece era un mezzo abbaglio.
Sto male per quello che di futuro ho perso.
Per tutto quello che è stato incerto.
Perché se davvero per mille volte ti ho detto si poteva.
Smettere i piedi da scarpe spaiate.
E cominciare per davvero assieme a camminare.
Adesso no.
Adesso sto male.
Adesso le tue parole.
Sono che neve al sole.