ago 8, 2007 - Senza cicatrici    No Comments

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Un due tre stella.

Ho perso tutto il Santo giorno a smontarmi le gambe per oliarle e coccolarle nell’attesa del percorso.
Mi ero illuso che la manutenzione riuscisse facile: qualcosa tipo

svito prima le rotule
poi dalle vene dei polpacci ingrasso bene le piante dei bipedi
passo all’incavo delle caviglie fino a risalire alle giunture degli adduttori
concludo il tutto con uno strappo secco sotto i glutei.

Ed invece fin dall’inizio mi son dovuto arrendere all’idea che la mia passeggiata di salute m’avrebbe in realtà portato ben oltre.
Scrutando meglio la colpa è negatamente solo che mia: avrei dovuto capirlo dal principio che l’impresa m’avrebbe raccolto nel suo torpore anestetico per l’intero volgere del sole, fin da quando la prima perfezione dell’alluce destro mi ha raccolto per più di un’ora in rispettoso silenzio.
Ad ogni modo ora è già tempo di dopocena ed è meglio che mi sbrighi a proteggermi di sogni stanotte perchè lo so come si prospetta questa coperta di stelle.
Succederà come sempre succede che mi ritroverò nel deserto del sonno a cartografarmi rotte che puntualmente stravolgerò sin da Sirio.
Metodicamente catalogherò le mie previsioni del voler far questo meglio di quello e sistematicamente ci penserà l’Altro a farmi deviare intenzioni e sguardo.
Perciò via svelto ad abbassarmi le serrande dei mie voglio che tanto saranno puntualmente dissacrati dal cammino.
Niente giri di volta nel letto, nessuno sguardo al di là del baldacchino che il compagno allacciato è per natura fido e da laggiù non si schioderà se non per mettersi sulle spalle la mia casa.

Si va.
Saluto con inchino,
mozzo al mio destino.

E’ solo che
mi piaceva quest’idea
d’impararmi come si sente la terra
quando non la si può baciare.

Se hai due ciacole senza spese poggiale sotto nel bianco.