set 28, 2007 - Senza cicatrici    No Comments

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Pozzanghere.

Guardati a lato dal destro e dal sinistro. Furtivo. Osserva la grana, resta di soppiatto.
Non farti accorgere e se ti sgamano sguscia via veloce. Ho detto veloce.
Muffa è quel che sta nel vicolo, unta fra le gocce della scala antincendio. Ed ha lo stesso sapore di queste gocce venute dal cielo ed ora scassate perchè non sei altro che il loro impedimento al terreno.
Poi s’apre il cielo e ne s’alza giù un bagliore che nulla più si muove: son gioie che non ti meriti e per questo non ti aspetti.
Doremifasolla si ripete di ridondanza come una incongruenza scalza di sottofondo al panorama e qualcosa stride come una ruga riflessa su una foto lucida ed invecchiata.
Alzando il bavero del cappotto e sfiori le orecchie per sentire se ci si sente ancora oltre il freddo ma rimani per un momento incerto sul tuo gesto come muto in una sala d’aspetto con voci all’asta per finali lieti.
Gridano i bambini in lontananza sbattendo sull’asfalto i loro capricci sacrosanti e persino dove sei ti arriva la melma del lamento tant’è che non sopporti più nemmeno la granella sotto le suole delle tue scarpe. Ti par siano troppo racchie per aderire ad una gravità oltre la legge universale che regola i tuoi spostamenti da clandestino rapace.
Ora è certo: t’inseguono e non smetteranno fino a quando non avrai ammesso a te stesso la bellezza della fuga e del suo implicito amplesso.
Mai fermarsi come unica valvola dell’andare, mai nutrirsi se non si sa di cosa puoi essere pasto.
Là in fondo c’è un barbiere: vatti a tagliare.

Se hai due ciacole senza spese poggiale sotto nel bianco.