mag 14, 2008 - Senza cicatrici No Comments
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Belfagor.
Un quadrupede dal pelo ritto mi schizza quasi rotto da sotto il portone di due metri più avanti e abbondanti mentre sto trotterellando verso il centro del paesello. Non ci sarebbe niente e poi niente da segnalare: avrei schivato il cacciatore del ratto proseguendo fino alla casa all’angolo per poi svoltare a destra imboccando la via maestra in questa che resta una laterale poco battuta ed incline al passaggio pendolare di gente che dal centro si sposta al lavoro in auto e che con l’auto ritorna al centro dopo essersi spesa il giorno credendo d’aver fatto il suo bisogno ed invece persiste in un eterno girotondo.
La curiosità che m’assale invece risiede nella zucca di tal felino quasi già dimenticato che va ad incocciare la lamiera di un vecchio maggiolino posto difronte all’ingresso dal quale felix è emerso posseduto da chissà quale demonio astratto. Dopo aver saggiato la consistenza della lega anni 60 rimbalza a molla indietro di quasi un metro. Prima finge di esser supermicio per due picosecondi poi barcolla da fermo e infine stramazza capovolgendosi ad osservare il cielo.
Nella distanza in cui penso come si è sempre diversi nelle foto dei passati scorsi a causa certo del taglio di capelli astratti in voga quegli anni faccio i miei due passi che mi dividono dal reperto disteso e arrivato ad osservarlo perpendicolare scosto lo sguardo dal dove è venuto. In quel mentre dal portone se ne esce una crapa bigodinata seguita da vestaglia over sessanta e una voce che stridula si antepone parallela in cerca di ‘Belfagor, Belfagoruccio mio, vieni a fare il bagnetto, Belfaaaagor, dove sei anima mia, Beeeeelfaaaagooor! Beeelf… O MIO DIO! O MIO DIO! O MIO DIO! Ed è in questo preciso punto che credo le sia partita la modalità loop con funzioni di danza classica avanzate più o meno livello otto perchè Elga dalla vestaglia con ricamato il nome Elga Script Mt Bold s’è messa a girare in tondo ancheggiando i buchi della cellulite ripetendo all’infinito la calata di nostro Signore il quale ancora non appariva – sicuro che aveva qualcosa di ben altro più importante da fare tipo calmare qualche uragano verace perciò chi se ne frega di un gatto scemo che prende a testate un maggiolino.
Signora si calmi le ho detto con tono preparato da CSI. Magari non è morto. O MIO DIO O MIO DIO O MIO DIO ecco potevo scegliere un sillogismo oppure un adeguamento istat migliore al mio format morto e invece m’è uscita proprio quella parola definitiva. Morto. Cazzo dovevo studiare da inviato del TG1 depurato e allora si che l’avrei guardata negli occhi, le avrei preso la mano mentre roteava bucolica e fissandola intensamente avrei fermato il tempo con il dosato ‘lasci fare a me. si allontani ora’. Poi un passante l’avrebbe trattenuta con il giusto mix di grazia e forza ed io avrei estratto dalla tasca della giacca il mio minikitkat per gatti da città comprensivo di minifibrillatore e LIBERA! avrei pompato un fremito di nuova vita elettrica a Belfagor facendogli drizzare i baffi fino a fargli prendere SKY.
Ma la sciura ancora urla e dondola mentre perde i bigodini roteanti che rotolano sulla strada e si sporcano e finiscono sotto le ruote delle auto che passano con sopra dive finte sulle smart e muratori veri iveco e tutti rallentano perchè Elga ha messo in scena una traviata per nulla male anche adesso che mi scansa e china i suoi ottanta chili sopra il musino tenero del suo micio a gambe all’aria. BELFAGOR CHE HAI FATTO, BELFAGOR CHI E’ STATO? E mi guarda e mi odia e già vuole farmi a pezzi con lo spuntone verde plastica che regge il suo spennacchio frontale. No guardi mi scusi io stavo solo passando e ho notato con la coda dell’occhio che TU SEI STATO TU AD AMMAZZARE IL MIO BELFAGOR che bella frase, proprio una bella frase. Se Elga diventasse razionale per un momento le proporrei di farne il titolo per un bel musical perchè cazzo è insindacabilemente assodato da me stesso medesimo che sia proprio un gran titolo da leggersi su una locandina figuriamoci se messo in scena a Broadway. Si potrebbe fare: un fondale rosso sangue ed il coro greco ad esaltare la drammaturgia del momento con magari susseguente dibattito finale. Fico. Question: il gatto incarnava l’essenza del male che nulla può difronte al destino oppure rappresenta l’ineluttabilità della farsa fra uomo e macchina? Perchè il pollo ha attraversato la strada mentre Elga mi mette le mani al collo? Signora le sto dicendo che io col suo minchia di gatto non c’entro una fava lasci la prego la mia trachea perchè la pressione dei suoi pollici a salsicciotto mi impedisce di affrontare serenamente la questione con lei tramite un pacato e civile raffronto. Comincio a vedere viola il marciapiede, l’ombretto di Elga, la Polo grigia infondo alla via, la zampina che si muove di quello stronzo di Belfagor che adesso indico col poco di forza che mi rimane addosso. Guardi per favore, guardi vorrei dire alla bernarda ma in realtà quel che lei sente è tipo ARdi.. couff..ELFAr… Couff…IVO… UtA ROiA… e a questo punto per grazia ricevuta forse da nostro signore che nel frattempo era tornato dal suo giretto salva uragani Elga si volta e vede Belfagor fare un inchino con riverenza su se stesso, rimettersi le zampe a posto, sbattere la testa di qua e di là come a togliersi le piattole – probabilmente fischiettando – e rientrare lemme lemme dal portone dal quale era uscito precedendo la sua padrona.
Indifferente al contesto.
Quando anche la sua coda scompare è allora che HubertElga mi lascia andare la gotta e si lascia andare in qualcosa come mi dispiace non sò cosa mi è preso Belfy è la mia unica ragione di vita mentre penso che se non l’unica poteva essere la mia ragione di morte comunque non fa niente tranqui tutto a posto ora l’animale è risorto perciò pace sorella chiattona io proseguo il viaggio e tu rientra nel focolare a coccolare il micio ok? Lei si vede che è presa bene dal mio gergo giovane e alla fine quasi sorride e mi invita ad entrare per una tazza di the col cioccolatino fragrante e mi par di scorgere addirittura ammiccante.
No grazie.
Insisto.
No davvero devo andare.
Sicuro?
Si, mi spiace. Sarà per un’altra volta, mi ha fatto molto piacere conoscerla.
Il piacere è stato tutto mio.
Faccia più attenzione a Belfagor in futuro, mi raccomando.
Eh si, è proprio una birba. Allora buona giornata, giovanotto.
Buona giornata a lei.
Ha detto proprio birba.
M’allontano scalciando bigodini sull’asfalto.
Probabilmente fischiettando.