ago 29, 2008 - Senza cicatrici No Comments
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Pasta e ceci.
Son così dentro da tanto tempo che il rindondo ormai non mi scolletta più. Ci siam fatti amici ed ogni volta che ricapita spesso ora io lo accarezzo. All’inizio era un disgusto muffato col pelo alto: ora è tutto un sorriso dietro l’altro. Senilità saccente dello scavalco brizzolato. Sarà ma mi pare sempre più che non ci sia l’uscita da questa gita a Lago Nero. Così mi fermo e perdo tempo ogni volta che qualcuno si crede di stupire. So già come va a finire, ma mi piace la copiacurva di Gauss nel suo modus operandi e così lo lascio fare. Vorrei avere ancora quel peccato originale, non sapere che oltre l’invio si nasconde un cuscino pronto ad addormentare il mondo. Perciò mi cerco in quella credenza di svolta, in quel pertugio diretto alle nocche, in quel colore dell’onda di ritorno.
Poi m’appoggio al muro, inclino l’asse delle pupille e rigetto l’universo. Ciuco sbronzato di pinte al trifoglio cerco la fortuna sulle piastrelle del cesso cadendo riverso sul mio nuovo distinto carattere estroverso.
Poi m’appoggio al muro, inclino l’asse delle pupille e rigetto l’universo. Ciuco sbronzato di pinte al trifoglio cerco la fortuna sulle piastrelle del cesso cadendo riverso sul mio nuovo distinto carattere estroverso.