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Sono le nove,
esco dalla doccia nella foresta
per inseguirti fra la roccia e la mia testa
m’asciuga di caffè per cercarti lontana
assaporo la distanza,
rimani sempre la mia più bella danza.
Fischietto,
ballo in cerchio con me stesso,
qualcuno mugugna, qualcuno piange,
qualcuno nemmeno si accorge
che quasi lo portan via le onde.
Casa,
lasciami a casa sfuocato,
lasciami a casa tra il soggiorno e le piume,
tra il catartico e l’ansia
mentre faccio errori di ortografia,
sento quanto pesa il giro della ruota
e taglio l’erba
innaffio i tetti
infilo le ciabatte per dar da mangiare ai gatti
e mi rimetto a pregare
prima di sudare.
Puccio le assi di parquet
in una colazione dispendiosa
osservo l’inclinazione pericolosa della lancetta destra
sull’orologio appeso al vetro
penso al mio velcro
che non sono ancora andato nello spazio
m’han già messo in croce
ed io non ho neanche l’età per scrivere.
Ieri s’è spostato uno che ha m’ha detto
scrivi per bugia
scrivi per calore
scrivi perchè non puoi fare l’esploratore
in verità non me l’ha mai detto
ma lo sento
che lo avrebbe
ed io in fondo
son ancora qui che m’allungo
ma ancora non tocco.
Devo uscire
andare chissà dove
allora mi metto un papillon
i bermuda
e fingo di ricomprarmi i capelli
vado in cerca di un fiore
un asfodelo
mi piace il suo nome
da cruccio interiore
e bellezza esteriore.
M’infilo oltre la siepe
esco dal cancello
ruoto verso me stesso
andrà tutto bene
lo vedi
lo vedo
batto le mani a tempo
nonostante il temporale
continuo a fischiettare.