Il mio nome è
Quando a Kumasi l’uomo George
m’ha alzato sopra il tetto del Tro-Tro
ed ho visto l’umanità brulicare
io non capivo di quale attesa si trattasse.
Quando a diciotto son tornato a casa
sul treno clandestino dall’Olanda
e il cane del poliziotto quasi mi ha morso
arrivato alla stazione di Bergamo
una ragazza mi ha prestato 1200 lire
per farmi il biglietto
perchè tornavo a casa senza un soldo
con nello zaino mezz’ Europa:
quello sguardo che le ho rivolto
io non capivo cosa aspettasse.
Quando alla terza Londra
mi son fermato al punto cardine
nel centro del Tower Bridge
il vecchio Tamigi al nuovo sguardo
non era agitato
ma io non scardinavo lo sguardo amico
del prottegi corona.
Quando mi han sequestrato il passaporto
mentre in cielo volavano missili terra aria
e io sentivo puzza di gasolio
mancavo al blu degli occhi
disperso nel Mediterraneo
io non capivo di cosa avessi paura.
Quando a Saint Malo
mi son bagnato nel sale dell’Oceano
mentre mamma era distesa sul bagnasciuga
furba è arrivata l’alta marea
e l’ha sorpresa ridendo
io non sapevo dare il nome
a quella senzazione.
Quando a Santiago
i miei piedi han vibrato
il passaggio del Botafumeiro
e il vento sacro mi ha accarezzato
io quella stanchezza del camino
non la capivo oltre l’arrivo.
Quando dal battello
la torre si è illuminata
e l’oro splendeva
mentre Parigi ci cullava
io non riuscivo
a chiamare il nome di quel profumo.
Quando a Copenaghen
quella sera in piazza centrale
tutti si son messi a ballare il walzer
la pace danzante andava oltre
ed io non vedevo dove sfumassero le note.
Quando siamo usciti dalla chiesa
e tutti gli amici ci hanno applaudito
ripieni di riso e futuro
io non sapevo quale fosse il contorno del mondo.
Quando in quel pub
la birra arrossava il violino e l’arpa
fuori bussava il vento
mentre la pioggia bagnava la nostra festa
io non afferravo quel calore intenso.
Ma poi
ho capito:
tutta quella luce
tutta quella vita
io la conservavo negli occhi
per aspettare il giorno
in cui sei nato
e donarti il racconto
del nostro amore per te.
Perciò figlio mio
son qui a chiederti un unico perdono
di quell’essere distante da chi sono
di quel fiume che non argino
dal voler darti il meglio
e sentirsi già sfuocato fuori campo:
sarò umano
cadendo e stringendoti la mano
mi rialzerò d’ora in poi
per sollevarti al mondo
perchè tu sei quanto
e mentre ti guardo
non c’è più nè come nè quando.