Passeggiava ristretta. Lei.
Tintinnava sul marciapiede evitando le pozzanghere con i riflessi dei braccialetti d’oro.Umida.
Avanti e indietro. Più calda di un Novembre inoltrato che respingeva con piccoli sbuffi di vapore partoriti da un burrocacao accogliente.
Sorseggiava distratto. Lui.
Immerso nella bagnacalda umana, appendice temporale del tavolino all’angolo di quel bar senza insegna. Scotch. Secco.
Ordinava pensieri sparsi. Ritmava tamburellando le dita sul quaderno aperto algoritmi di una vita che gli presentava il conto.
D’estate incrociando le gambe metteva a sedere i suoi inutili drammi. Lei.
Su quella panchina, un libro come paravento al destino, incuriosiva i passanti del parco cercando di interpretarli.
Le piaceva distrarsi in altre vite, svago gratuito e alternativa pericolosa.
I giorni di festa gli regalavano un sorriso amaro. Senza catene se ne stava rannicchiato accanto alla sua vita. Lui.
Custode di un abbandono mai riuscito, passava le domeniche in attesa di un ennesimo e rassicurante lunedì assorbente.
Fu la porta del locale a farla entrare.
Fu lo sguardo intuìto e nascosto a farlo voltare.
Il destino è una scelta.