giu 12, 2006 - Senza cicatrici No Comments
>
Rimati addosso.
Non è necessità che il saper poggiare bene le parole sui bianchi
sia di per se garanzia d’aver grimaldelli per scardinare perplessi,
in primis se stessi.
Anzi spesso è di per no.
Perciò.
Inchini a profusione verso l’interpretazione
e l’estrapolazione per un saper essere migliore
ma il più delle volte non v’è criptica religione
tranne quella
della non essenza.
Ed è un vuoto peggiore.
Imitarsi slogando i metatarsi
con l’opinabile intenzione
di trovar nel proprio dubbio una soluzione.
Catarsi d’inutile distrazione
e gran pericolosa deviazione
dallo svincolo per raddrizzare
la carreggiata col bagliore.
Ormai è quasi un lustro
che mi lustro nel tentativo
di non far danni ordinandomi
fra vocali e consonanti
ma l’unica spremuta
che n’esce spolpa
è la mia fuga che non ha verso,
non ha direzione,
ne dimensione.
E’ futile,
un dileggio col fine del danneggio,
uno spaccar le pietre di taglio
col tentativo di ritrovare il mio drappeggio.
E’ un continuo colpo in canna , questo mio bagaglio:
rimar le cadenze come fosse arpeggio,
dolcezza narcotizzata,
mentre continua strafottente a venir notte
io riscuoto ogni giorno una cimice ambrata
baratto insipido delle mie quotidiane lotte.