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Praga.
Inspira il Dotto’. Brucia il tabacco nella pipa.
Che poi è una città.
Ah, Praga è una città magica, dice come se ce la vedesse tutta li davanti alle pupille chiuse.
Lascia andare il fumo, s’allarga il panciotto e il cielo si scrive.
L’Oriente, L’ Occidente, due culture che si incontrano nel cuore del vecchio continente e che partoriscono idee folli, convinte di esserlo e generano ideali senza cesareo ma bagnati di sangue.
Praga.
Praga è un puttanaio.
Si scaccola Vincenzino. La birra è piscia, il cibo è ‘na schifezza e le donne ti si strofinano contro nei vicoli peggio che di qua, in tutta la città.
Che poi, è una città.
Si accomoda meglio, s’arrabbatta e si lustra i baffi, il Dotto’ e accarezza sulla nuca Vincenzino in un gesto che a lui, Vincenzino, gli fa schifo.
Un po’ puttana lo so si sa, tradita, sfruttata, umiliata.
Ma se dal castello che la domina te ne vai giù giù a rotta di collo sui ciottolati e il pavè che sfiora gli ori e i cristalli la corsa che fai si alimenta di un’aria che già c’era ha visto e vedrà e per quanto ti sforzi di parlarne male già ti cura e non ti lascia più andare.
Praga è un Luna Park.
Paghi poco nulla per uno spettacolo di miserabili.
E fa un freddo da spegnerti i pensieri, fa Vincenzino stringendosi nelle spalle gonfiando le guance e sbuttando fuori il labbro tremolando. Nun se capisce come fa a piacerti Dotto’.
Si alza, il Dotto’. Si sbatte i pantaloni lisi ma dignitosi. S’aggiusta le bretelle, si mette il cappello il cappotto e il giornale sottobraccio. Poi piglia l’ombrello.
Vincenzino corre ad aprirgli la porta. Quello fa il gesto come a ripararsi dalla malevolenza del cielo, poi si ferma.
- Vincenzi’, hai visto comme chiove ‘ncopp’a sta città?
- Si.
- A Praga nun chiove. Nevica.