L’uomo che urla ha un vestito di cera ed un paio di occhiali color del blu.
Regge un’asta improvvisata dove sospende l’intera folla che reprime la voglia cacciando in fuori la lingua.
Servirebbe un francobollo diverso di modo che la spedizione sia lenta per gustarsi l’arrivo all’altro capo del mondo.
La mia illusione è stata quella di farmi ogni giorno migliore.
Ed ora m’è rimasta la sola consolazione d’aver più di una sensazione: tra poco avrò molte più parole al posto del cuore.
Magro bottino che non ricompensa il mio destino.
Monco d’un Perù stampato storto m’emetto raro ed introvabile in cerca d’un mio simile.
Stamattina prima della foschia ho fermato l’auto accanto al fosso. Dal mio spegnersi del motore già tendeva ma quando ho chiuso la portiera se n’è uscito all’improvviso ed io non ho potuto fare altro che ammirare quel presagio di corvo danzarmi in volo sopra la testa.
Nel becco una promessa.
Adoro i sorrisi senza denti, per lo più apprezzo il tentativo di chi ne ha già passate e ancora insiste. E’ meglio di un Marco, dodicianni, mai avuto carie in vita mia.
E’ passar sopra al fluoro per la ricerca del ricolmo alla fame.
Certo, chi non ne ha mai avuta non si merita un porsi il problema.
Ho questa questione del fiato corto da rispondere. Devo abbattere qualche montagna che insiste a resistere alle erosioni qui dalle mie parti. Voglio più aria, più paesaggi, più voglia di rimettermi i panni.
Fermo sul primo gradino della mia vita ad ingresso mi chiedo dove sia la via d’uscita.
Non mi torna la ricetta della nonna: ho messo per davvero tutti gli ingredienti, ho mescolato con cura, ci ho messo l’impegno e la passione che fanno la differenza ed ho cucinato a fuoco lento ma quando ho aperto lo sportello del forno all’improvviso tutto s’è restituito crudo e freddo.
Mancanza di gas.
Sia per l’ebrezza che per una esplosione di splendore.
Dov’è, com’è,
questo chiamato Amore?