nov 24, 2006 - Senza cicatrici No Comments
>
Chopper, alle palle!
La cameriera del ristorante è nuova,
suda deodorante e appunta le ordinazioni con mano tremante. Va dove non capisce intorpidita dal caos, spesso sbaglia ordinazioni e appoggia i vassoi sporchi sulle sedie di tavoli altrui.
Tuttavia non resta ferma, anche quando ha paura di richiedere al caposala la stessa comanda.
M’è già d’un simpatico transgenico.
Sparecchiare e apparecchiare, portate e sporcare.
Un giorno sarai una superstar, basta insistere.
Il nome di questa band è Elementi sghembi e siamo davvero onorati che abbiate corso il rischio di stare ad ascoltare più del dovuto il nostro ritmo asincopato. In realtà i Blubaluba non sono potuti venire ( caso alquanto insolito vista la rinomata carica erotica della voce solista) così vi terremo compagnia con i nostri strumenti sciancati almeno fino all’otturazione dei vostri lembi cutanei.
Qui accanto a me è gia pronto mister triangolo che stasera si avvarrà della collaborazione di questo pezzo di lamiera ondulato. So che non gli dareste più di quattro lire ma per favore concedete loro una chance: vi assicuro che appena le vostre trombe di falloppio cattureranno questo stridio non vorranno più andarsene. Davvero.
Ed ora fate un bell’applauso a lord alcool: senza di lui saremmo belli che finiti.
Bene, siamo pronti per cominciare.
Veramente morto è un paradosso.
Se non lo sei orbene è una parvenza di antitesi ma se lo sei allora che t’importa di fingere?
Falsità d’esistenza. Si può stare tutta una vita in pressa di questa religione.
Abbiamo organizzato questo spettacolino, sta a sentire: sala da quattrocentoposti tutti occupati, si spengono le luci e noi sul palco che osserviamo. Per due ore, telecamere puntate sulle nostre espressioni facciali e maxischermi in favore di platea. Non facciamo altro che scrutare le rughe di chi ha pagato il biglietto e si incazza per una cosa che non capisce. Al massimo suoniamo qualche pezzo, ma di quelli che non c’entrano una sega, che ne so una ninna nanna, un jingle bell e un pezzo di Janis Joplin.
Basta che ci siano ripieni di campanellini a svegliare.
Un’altra cosa che mi piace ascoltare ai concerti acustici è il rumore ovattato delle sedie dei musicisti quando si sistemano per preparare il nuovo pezzo o accavallare le gambe per appoggiarci sopra un qualsiasi strumento.
Sono meglio di mani curate.
Ognuno dovrebbe curarsi, o almeno aversi cura.
La scala sociale, sebbene antincendio, andrebbe bruciata.
C’è troppa gente che vale al freddo e troppi culi caldi flaccidati inutilmente.
Quando la nuova cameriera s’è avvicinata a quello col doppiopetto e lo stecchino in bocca aveva fretta perchè nella testolina già programmava di portare i ravioli con bufala al cinque.
Il vino che ha versato sulla giacca di stuzzichino non è stato errore.
Era destinato a ungere il grasso.
‘Che cazzo fai – Vaffanculo’ è un’espressione di per se già infelice se estrapolata da un qualsiasi contesto. Detta fra due amici che scherzano la si può comunque esacerbare ed edulcorare ma sputata addosso con contorno di saliva da stronzone incravattato a ragazzina buongiorno è il mio primo giorno è decisamente troppo.
‘Il suo stecchino è troppo piccolo, signore’.
‘Cosa?’
‘Sono fermamente convinto che il suo stecchino sia troppo piccolo. Certo, non se comparato al suo inutile fac-simile membro riproduttivo, ma rimane pur sempre troppo piccolo per ficcarlo tra i due buchi antipodi del suo corpo e rosolarsa, signore.’
‘Cosa?’
‘Buona giornata’.
Si, la scrittura è inspirazione.
Ed espiazione.
Perchè di calci ho parole, ma a volte servirebbe mira di zebedei.
suda deodorante e appunta le ordinazioni con mano tremante. Va dove non capisce intorpidita dal caos, spesso sbaglia ordinazioni e appoggia i vassoi sporchi sulle sedie di tavoli altrui.
Tuttavia non resta ferma, anche quando ha paura di richiedere al caposala la stessa comanda.
M’è già d’un simpatico transgenico.
Sparecchiare e apparecchiare, portate e sporcare.
Un giorno sarai una superstar, basta insistere.
Il nome di questa band è Elementi sghembi e siamo davvero onorati che abbiate corso il rischio di stare ad ascoltare più del dovuto il nostro ritmo asincopato. In realtà i Blubaluba non sono potuti venire ( caso alquanto insolito vista la rinomata carica erotica della voce solista) così vi terremo compagnia con i nostri strumenti sciancati almeno fino all’otturazione dei vostri lembi cutanei.
Qui accanto a me è gia pronto mister triangolo che stasera si avvarrà della collaborazione di questo pezzo di lamiera ondulato. So che non gli dareste più di quattro lire ma per favore concedete loro una chance: vi assicuro che appena le vostre trombe di falloppio cattureranno questo stridio non vorranno più andarsene. Davvero.
Ed ora fate un bell’applauso a lord alcool: senza di lui saremmo belli che finiti.
Bene, siamo pronti per cominciare.
Veramente morto è un paradosso.
Se non lo sei orbene è una parvenza di antitesi ma se lo sei allora che t’importa di fingere?
Falsità d’esistenza. Si può stare tutta una vita in pressa di questa religione.
Abbiamo organizzato questo spettacolino, sta a sentire: sala da quattrocentoposti tutti occupati, si spengono le luci e noi sul palco che osserviamo. Per due ore, telecamere puntate sulle nostre espressioni facciali e maxischermi in favore di platea. Non facciamo altro che scrutare le rughe di chi ha pagato il biglietto e si incazza per una cosa che non capisce. Al massimo suoniamo qualche pezzo, ma di quelli che non c’entrano una sega, che ne so una ninna nanna, un jingle bell e un pezzo di Janis Joplin.
Basta che ci siano ripieni di campanellini a svegliare.
Un’altra cosa che mi piace ascoltare ai concerti acustici è il rumore ovattato delle sedie dei musicisti quando si sistemano per preparare il nuovo pezzo o accavallare le gambe per appoggiarci sopra un qualsiasi strumento.
Sono meglio di mani curate.
Ognuno dovrebbe curarsi, o almeno aversi cura.
La scala sociale, sebbene antincendio, andrebbe bruciata.
C’è troppa gente che vale al freddo e troppi culi caldi flaccidati inutilmente.
Quando la nuova cameriera s’è avvicinata a quello col doppiopetto e lo stecchino in bocca aveva fretta perchè nella testolina già programmava di portare i ravioli con bufala al cinque.
Il vino che ha versato sulla giacca di stuzzichino non è stato errore.
Era destinato a ungere il grasso.
‘Che cazzo fai – Vaffanculo’ è un’espressione di per se già infelice se estrapolata da un qualsiasi contesto. Detta fra due amici che scherzano la si può comunque esacerbare ed edulcorare ma sputata addosso con contorno di saliva da stronzone incravattato a ragazzina buongiorno è il mio primo giorno è decisamente troppo.
‘Il suo stecchino è troppo piccolo, signore’.
‘Cosa?’
‘Sono fermamente convinto che il suo stecchino sia troppo piccolo. Certo, non se comparato al suo inutile fac-simile membro riproduttivo, ma rimane pur sempre troppo piccolo per ficcarlo tra i due buchi antipodi del suo corpo e rosolarsa, signore.’
‘Cosa?’
‘Buona giornata’.
Si, la scrittura è inspirazione.
Ed espiazione.
Perchè di calci ho parole, ma a volte servirebbe mira di zebedei.