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Cannella, caffè,
fiocchi di fiori,
pacchi guardinghi,
ghirlande sospese
e cori di campanelle.
Dita brinate,
propositi malandati,
scricchiolii anziani,
coperte sui nasi
e schiocchi su baci.
Cannella, caffè,
fiocchi di fiori,
pacchi guardinghi,
ghirlande sospese
e cori di campanelle.
Dita brinate,
propositi malandati,
scricchiolii anziani,
coperte sui nasi
e schiocchi su baci.
Otto minuti al nulla:
picco di assenze
e caffè corretti grappa,
baraonde inutili d’anime scontente
e voti socchiusi pronti al mercato.
Ricalibrarsi è complesso,
ritrovarsi al limitare del salto
è poi quanto vero bizzarro
ma al fine siamo
quel che ora di noi non sappiamo
pertanto a guisa di respiri distesi
saltando ci concediamo
vuoti piccoli e giochi immensi.
La distanza di un bacio
raccoglie un paio d’anime storte,
buone speranze perennemente acerbe,
trombe d’aria, piacevoli equivoci
e gesti incomprensibili ai sani.
Il perfido affusolato assioma
ostenta da ogni arduo arrocco
la genesi incoerente d’una pena
emblema di una fiamma or fioca,
polvere unica mandante al ruolo:
piacente, tradita e al fine arresa.
Arrocca e tintinna,
rifugia e molesta,
rinvia e corteggia.
Stoccafisso di rimpallo,
senza fiato, ligio al litigio,
irriverente da megafono
e venduto al commercio delle fusa.
Sbatte la fronte, arriccia le palpebre,
chiede ad ogni sbalzo di tensione
ed ottiene mormorii di finta persuasione.
Al solco ruota e ingordo,
trono e puleggia,
scarto e ronzio,
inno e arrocco.
Bofonchia, spulcia,
si ribalta e ondeggia.
Resta, ricomincia e s’alza.
Ben venga.
Sfrigola,
a stento soffice,
prima ammalia
poi ritorce.
Sputasse,
avvolto e parco,
al ridacchio d’ombra
si gonfierebbe di fiamme.
Sbadato,
cortese per vizio,
ossequio e liso,
dal fiore deriso.