Accovacciati,
vieni qui al fianco:
stammi stretto stretto.
Senza quale senso
sarebbe il mondo, adesso?
La prima scoperta del tutto,
una parola nuova
al darne un posto giusto.
L’immenso di questo pauroso Copernico,
la storia d’altri spettatori
che quando ti scorre diviene migliore
passi ad immortale,
sai che sarà la ragione
per cui il tuo sguardo
cerca il mio esempio
e il tuo semplice ascolto
è un complesso dono.
Cerco e ti spiego,
m’accartoccio difronte al cielo
provo col racconto
e ti sorprende il coro del fuoco,
ridi e l’eterno vorrei fosse qui adesso
ma già sei altro e ti rincorro
lieve al passo
del tuo essere il mio canto.
Sotto al fiume dei ponti
si giravoltano gli arcani:
duri muri e buoni sconti,
v’è rumenta per cani
nel divieto del baciarsi.
Pasteggiando gocce di sole
ti chiedo come mi vedi
con lessico d’albumi e cazzuole:
tu stendi abiti di lino leggeri
profumi d’un lieve pallore
e giochi fior di tarocchi scarsi.
Due per uno tre,
gloria al padre alla madre e a te
mitosi di splendori ada che l’indice chiama
spegni la luce accendi la mamma
torta a pois d’oltreoceano
per la festa di una buona liberazione.
Che entri la gioia
si sieda e resti
s’inviti a cena
racconti di mani unte e pensieri lieti
tocchi leggeri
sparsi riordinando i velieri
alzi le tende inesistenti
faccia entrare il sole
doni calore oltre il magone
perchè oggi passerà il raffreddore
per quel che era sbufferà
lasciando la luna piena
e la tua mano sulla mia schiena.
Ci son tempi complessi
pezzi di ghiaccio endovene
rari di fieno e sazi di pece
che dentro t’incollano al buio ma
il lavoro del vento è eterno
la brezza calda non ti volta
e sciogliersi succede
come il pianto, la gassa,
la risata che prima non c’era.
Signor Mediterraneo,
grazie per l’immensità d’insegno
la placida tutela della pazienza
la grandezza del vuoto
consapevole di un approdo
che non lo vedi ma lo senti
e che solo son nulla
che i compagni sulla nave
saran taglienti ma sinceri
che ti devi fidare
se vuoi capire quanto aspro sia il sale
ma quanto bene possa fare
intorno al mondo
puoi esser bandiera a sventolare
in balia del primo scirocco
o ferro foss’anche arrugginito
ma pur sempre padrone del tuo destino.
Consegno a stretto giro di posta
quest’eterno firmamento
al mio unico doppio universo
oggi al festeggio.
Buon 25 al nostro boccale
al brodo che cuoce il futuro
al nostro secondo anno numero uno
al doppio passo del verbo amare.
Rara l’alba arranca
le luci faticano il passo alla musica
mentre ascolto quest’alzarsi
caldo è il nido
senza saper sempre quale divertimento
cuoce la terra
lacrima il cerone
qualche volta non è il solito giro
è un crescendo
s’amplifica il battito
mi connetto ai fili d’erba
carezzo le sete di Pollock
turbino tre rughe indietro
alzo il pollice
e salgo sul camioncino
breccio con uno strappo
ben riverito e nutrito
reclamo la vita
la scovo nell’angolo
e passo al mio passo.