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Spulciarti attonito
cruggiato da sberleffo,
Bisogna tagliarsi
passar di qua del fosso
senza metter numeri
Ci ho detto
nonostante tutto
m’alza il basello
sguscia un sorriso
se son per davvero
nastro svolto dal mastro,
tuo tempo da ricamo.
Stimarsi
con usmo da cani
prima del morso
che sgorga il gioco.
Bisogna schiumarsi
io e te.
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Marketing di sfruscio
con strizzata d’occhio
al lineamento.
No,
peccato
mio caro
percolato.
Perciò, con garbo, senza offesa:
piuttosto che mutarmi sciolto
io nasco, canto e mordo contorto.
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Maggio in freddo cane
basterà a sbudellarmi le ossa
a rendermi innocuo al sol levante
pronto alla resa delle stelle
ligio al dovere cadente
e vaporoso al riflesso del cromo?
Disordine che muore in un solo candore
senza il volto di uno scalfito d’alba
senza il ritegno d’un buono sconto
senza la vela in assenza dell’ago
resto o vado per ora scuffio
con animo brado e probo.
Neve in bianco e nero
sbuffa la brezza
scortica un sorriso
scioglie la corteccia
in un ricordo sbieco
protetto dal miele
radente al gelo.
Sciarpa al collo m’interrompo
coltivo un ticchettio vangato
lo espongo in presa visione
contando le pause
di quel che non ci vuole
di quel che non ci duole
di quel che non ci vuole
di quel che non ci duole.
Sulla luna siamo sempre leggeri
con l’instintiva sopravvivenza
senza aria nei polmoni
con una prospettiva di resistenza
ai paesaggi ristretti
ai dossi e ai crateri.
E’ ora di rientrare
salgo sull’autobus e mi preparo
m’aggiusto la cravatta color rivoluzione
osservo senza peso e di colpo
mi rendo il conto
allungo la mano
ed afferro un dolce suono.