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mag 24, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Stretti.

A volte si sbaglia.
Nell’attimo.

Ruberesti un pianoforte
in una melodia spuntata perfida
sul campo lungo di una inquadratura
a ricercar oltre le creste in alto
una discesa mozzafiato:
null’altro.

Laghi cobalti,
fumi di sangue dalle corde.

Un abbraccio sincopato,
un ammissione d’umano:
battiti in quattro passi
ed un tango cariato.

Specchiarsi
e svuotarsi.

A volte si sbaglia:
curarsi nel dopo,
cullarsi col quando,
lavarsi nel pianto.

Null’altro.

mag 21, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Blumpert.

Ho davanti a me Blumpert. Io non lo capisco. Mi mena la fava con i paradigmi sul Grande Fratello e mi stende ogni volta con le iperbole dei tipi che fanno italia uno. Si candida ogni volta a tritacarne. Oggi il peso specifico è incentrato sul nuovo corso. Me del nuovo corso mi frega sta cippa ma lui pastura e pastura. Io faccio sì certo, d’altronde la vita è così, ti capisco, ma dai, ci vorrebbe questo e quello. A caso, senza ascoltarlo. Eppure ne ammiro la perseveranza. E’ una dote che persa non si recupera. Lui ne ha fatto il suo ariete. Peccato che smazza. Adesso ruga con quelli che fanno le vasche. Ride, deride. Ecco questo indice da papa glielo mozzerei. E invece passa che ti passa continuo a muover la testa dall’alto in basso a intervalli regolari. Tento anche di assumere le labbra smorte. Non per cortesia, per amnesia. Rec: Ricordarsi di uscire di casa con il tasto sfuma.
mag 20, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Cuscini per sonni tranquillamente dissanguati.

A memoria è la prima che passa di qui in 8 anni tondi.
Prima perchè di un qualcuno che per me è già Qualcuno.
Perciò v’allego il francobollo giallo.

Come la febbre.
Sbranatelo, e ditegli che ve l’ho detto io.

mag 14, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Belfagor.

Un quadrupede dal pelo ritto mi schizza quasi rotto da sotto il portone di due metri più avanti e abbondanti mentre sto trotterellando verso il centro del paesello. Non ci sarebbe niente e poi niente da segnalare: avrei schivato il cacciatore del ratto proseguendo fino alla casa all’angolo per poi svoltare a destra imboccando la via maestra in questa che resta una laterale poco battuta ed incline al passaggio pendolare di gente che dal centro si sposta al lavoro in auto e che con l’auto ritorna al centro dopo essersi spesa il giorno credendo d’aver fatto il suo bisogno ed invece persiste in un eterno girotondo.
La curiosità che m’assale invece risiede nella zucca di tal felino quasi già dimenticato che va ad incocciare la lamiera di un vecchio maggiolino posto difronte all’ingresso dal quale felix è emerso posseduto da chissà quale demonio astratto. Dopo aver saggiato la consistenza della lega anni 60 rimbalza a molla indietro di quasi un metro. Prima finge di esser supermicio per due picosecondi poi barcolla da fermo e infine stramazza capovolgendosi ad osservare il cielo.
Nella distanza in cui penso come si è sempre diversi nelle foto dei passati scorsi a causa certo del taglio di capelli astratti in voga quegli anni faccio i miei due passi che mi dividono dal reperto disteso e arrivato ad osservarlo perpendicolare scosto lo sguardo dal dove è venuto. In quel mentre dal portone se ne esce una crapa bigodinata seguita da vestaglia over sessanta e una voce che stridula si antepone parallela in cerca di ‘Belfagor, Belfagoruccio mio, vieni a fare il bagnetto, Belfaaaagor, dove sei anima mia, Beeeeelfaaaagooor! Beeelf… O MIO DIO! O MIO DIO! O MIO DIO! Ed è in questo preciso punto che credo le sia partita la modalità loop con funzioni di danza classica avanzate più o meno livello otto perchè Elga dalla vestaglia con ricamato il nome Elga Script Mt Bold s’è messa a girare in tondo ancheggiando i buchi della cellulite ripetendo all’infinito la calata di nostro Signore il quale ancora non appariva – sicuro che aveva qualcosa di ben altro più importante da fare tipo calmare qualche uragano verace perciò chi se ne frega di un gatto scemo che prende a testate un maggiolino.
Signora si calmi le ho detto con tono preparato da CSI. Magari non è morto. O MIO DIO O MIO DIO O MIO DIO ecco potevo scegliere un sillogismo oppure un adeguamento istat migliore al mio format morto e invece m’è uscita proprio quella parola definitiva. Morto. Cazzo dovevo studiare da inviato del TG1 depurato e allora si che l’avrei guardata negli occhi, le avrei preso la mano mentre roteava bucolica e fissandola intensamente avrei fermato il tempo con il dosato ‘lasci fare a me. si allontani ora’. Poi un passante l’avrebbe trattenuta con il giusto mix di grazia e forza ed io avrei estratto dalla tasca della giacca il mio minikitkat per gatti da città comprensivo di minifibrillatore e LIBERA! avrei pompato un fremito di nuova vita elettrica a Belfagor facendogli drizzare i baffi fino a fargli prendere SKY.
Ma la sciura ancora urla e dondola mentre perde i bigodini roteanti che rotolano sulla strada e si sporcano e finiscono sotto le ruote delle auto che passano con sopra dive finte sulle smart e muratori veri iveco e tutti rallentano perchè Elga ha messo in scena una traviata per nulla male anche adesso che mi scansa e china i suoi ottanta chili sopra il musino tenero del suo micio a gambe all’aria. BELFAGOR CHE HAI FATTO, BELFAGOR CHI E’ STATO? E mi guarda e mi odia e già vuole farmi a pezzi con lo spuntone verde plastica che regge il suo spennacchio frontale. No guardi mi scusi io stavo solo passando e ho notato con la coda dell’occhio che TU SEI STATO TU AD AMMAZZARE IL MIO BELFAGOR che bella frase, proprio una bella frase. Se Elga diventasse razionale per un momento le proporrei di farne il titolo per un bel musical perchè cazzo è insindacabilemente assodato da me stesso medesimo che sia proprio un gran titolo da leggersi su una locandina figuriamoci se messo in scena a Broadway. Si potrebbe fare: un fondale rosso sangue ed il coro greco ad esaltare la drammaturgia del momento con magari susseguente dibattito finale. Fico. Question: il gatto incarnava l’essenza del male che nulla può difronte al destino oppure rappresenta l’ineluttabilità della farsa fra uomo e macchina? Perchè il pollo ha attraversato la strada mentre Elga mi mette le mani al collo? Signora le sto dicendo che io col suo minchia di gatto non c’entro una fava lasci la prego la mia trachea perchè la pressione dei suoi pollici a salsicciotto mi impedisce di affrontare serenamente la questione con lei tramite un pacato e civile raffronto. Comincio a vedere viola il marciapiede, l’ombretto di Elga, la Polo grigia infondo alla via, la zampina che si muove di quello stronzo di Belfagor che adesso indico col poco di forza che mi rimane addosso. Guardi per favore, guardi vorrei dire alla bernarda ma in realtà quel che lei sente è tipo ARdi.. couff..ELFAr… Couff…IVO… UtA ROiA… e a questo punto per grazia ricevuta forse da nostro signore che nel frattempo era tornato dal suo giretto salva uragani Elga si volta e vede Belfagor fare un inchino con riverenza su se stesso, rimettersi le zampe a posto, sbattere la testa di qua e di là come a togliersi le piattole – probabilmente fischiettando – e rientrare lemme lemme dal portone dal quale era uscito precedendo la sua padrona.
Indifferente al contesto.
Quando anche la sua coda scompare è allora che HubertElga mi lascia andare la gotta e si lascia andare in qualcosa come mi dispiace non sò cosa mi è preso Belfy è la mia unica ragione di vita mentre penso che se non l’unica poteva essere la mia ragione di morte comunque non fa niente tranqui tutto a posto ora l’animale è risorto perciò pace sorella chiattona io proseguo il viaggio e tu rientra nel focolare a coccolare il micio ok? Lei si vede che è presa bene dal mio gergo giovane e alla fine quasi sorride e mi invita ad entrare per una tazza di the col cioccolatino fragrante e mi par di scorgere addirittura ammiccante.
No grazie.
Insisto.
No davvero devo andare.
Sicuro?
Si, mi spiace. Sarà per un’altra volta, mi ha fatto molto piacere conoscerla.
Il piacere è stato tutto mio.
Faccia più attenzione a Belfagor in futuro, mi raccomando.
Eh si, è proprio una birba. Allora buona giornata, giovanotto.
Buona giornata a lei.
Ha detto proprio birba.
M’allontano scalciando bigodini sull’asfalto.
Probabilmente fischiettando.
mag 6, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Gong.

Tra comodini e lampadari, fiati di corda tesi per forza, profili di colline poggiate su lenzuola eccomi torvo scovare la mia rosa. M’incricco passando per sciocco ma in realtà sono solo assorto in un turbine di gelo che m’ha scorticato il pensiero. Non quello per favore non è tempo nè il giusto contegno per esibirmi sul ghiaccio del tendone adesso. Mi passano certificati che si stampano sui pollici alti come in cerca di una certezza. Leggo profumi del tipo:
una giornata con il tuo idolo sfumato, gilda la calda, come traforare il tuo timpano vitale, lo zinco fuso insaziabile passatempo, cucinare le uova senza imploderne il guscio.
Era una notte buia e tempestosa coi gemelli nella grotta.
Il mattino ha l’oro in bocca,
il mattino ha l’oro in bocca,
il mattino ha l’oro in bocca.
Qual’è il tuo segreto da ammaliamento? Invitarmi a mettere virgole nel tuo appartamento, sgusciarmi le termiti dagli occhi o dosarmi sapientemente fino ad ammorbarmi?
E’ già tardi ed io son così presto. Eppure mi credo eterno e regolo le buone azioni con un trampolo da saltimbanco. Non ci si può mica lamentare o far finta di stare male quando i veri senzatetto non hanno nemmeno una rima per saziarsi la collera.
Occhi a palla esorbitanti, boccuccia a farfalla tutta casta, nasino corvino adunco e sbilenco.
Emetto e posseggo, ritengo e stempio.
Incespico al ginocchio dentro una melma oscura che succhia trattenendo vischiosa l’albume d’un alba sdentata.
Sul tappeto vado orizzontale e mi faccio un gran male.
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