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mar 6, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Burro.
Ma da che parte è la ragione
come se fosse così importante
pendere oltre ciò che si pensa.

La bellezza è un’arca densa
si scioglie nel pianto del mare
e raccoglie vite senza corde.

Ogni volta che gioco perdo sempre
mi piace osservare la gente
quello che prende e quello che rende.

Non ho più bisogno di esser detto
lascio le mie spalle andarsene altrove
m’innaffio di quel che coltivo
gioco con te a far l’indovino
fra un finto rancore e lo splendore
ora son tutto meno che me stesso.

Viva è la sostanza che brucia
perchè nata al suo destino
e tolta a chi dorme e a chi ruba.

Nuoto nel mezzo del vetro
togliendo l’acqua al mio mulino
senza la gioia di ferirmi un credo.

Vieni da me accennando la sera
perchè del buio ricordo la carezza
ma non il fumo della cera.

Non ho più bisogno di esser detto
lascio le mie spalle andarsene altrove
m’innaffio di quel che coltivo
gioco con te a far l’indovino
fra un finto rancore e lo splendore
ora son qui e raccolgo il resto.

feb 18, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Arpe e sombreri.
Dannato vuoto che non si riaggiorna ma muta sfumatura come se fosse inganno del tatto.
Visto che non hai chiuso la porta al gatto portati almeno un treno di crocchette fresche per lasciartelo indietro al punto giusto. Visto che hai tutte tu le risposte dammi almeno un minuto per non pensare. Visto che il tuo forno ha bruciato i miei ricordi ricordati almeno di quando eran biscotti.
Le vie di Belgrado ti guardano scrostate mentre altre aquile s’alzano poco lontano. Qui è tutto un prospetto di come sarà il macello. Fingiamo che ci interessi niente e come gli apatici migliori ci confidiamo distanziati dal mare con monocorde di sentimenti blandi.
Lo chiamavano Pedro el mulo perchè non c’era verso di farlo ragionare e quando esibiva le vene al collo sfiatava muco dalle narici dilatate come un paesaggio su un quadro impressionato da lontano.
Nocchere e cerchi dove ritrovarsi felici e contenti. Sfidati la pelle con Felicia, la donna che dona senza resto e se ti vede scontento pensa che lei sia la tua soluzione.
Adelmo non è uomo di grandi presentimenti ma a starlo a sentire ti vien da dipingere.
Passa il giorno a sputare e tirare su il catarro ma quando canta roco vale un buono per il paradiso.
Frustràti dal frullato del mondo a volte si inginocchiano sui ceci come dementi invece di allungare il passo e cinguettare.
Continuo a non capire perchè non allargano le sopracciglie e non tengano gli zigomi alti.
Da qualche tempo c’è una prospettiva che non si spiega. Non è terza ne quarta dimensione o generazione: è solo voglia di champagne a colazione.
feb 12, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Son quattro anni già.
Quattro anni già:
il tuo fiebilo di voce,
quel mezzo caffè mai finito,
la voglia di grotta
la domenica con te.

Fuori mi prende il disgelo
spezzando le lacrime al credo:
manchi come bastone alla gamba
o aria rarefatta
dalla vetta delle tue spalle di malta.

La tua gioia
s’è mutata Sghemba,
la tua direzione
sparsa nel mio sole
ed è di pace
un respirarti accanto
ogni giorno migliore.

feb 5, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Asfodeli.

Freddo che giace, freddo che tiene,
freddo che scalda l’attorno alle vene.
Si muove l’universo sta tutto dentro una voglia:
la tua collana è spietatamente morsa.
Una carezza brucia l’acqua della nostra distanza:
la tua spalla scoperta sa di carta falsa.
Sappia la destra come rigirare l’onesto:
l’allerta pare una serpente con la lingua nel cesto.

Siamo fatti per esser noi,
uno più uno del nostro orgoglio,
rampe di lancio per Saturno,
occhi tesori di Giada,
asfodeli esili al canto,
terra dalla Luna,
incroci di stazioni,
passi svelti di tango
e polvere di fata.

Equazioni rare dentro a burroni scadenti,
per quel che ne vale ci salveranno i venti.
Trema il bastone mentre vibra la pioggia
leggero come farfalla che bacia la roccia.
Dicon che le ombre eran sussurri da queste parti
sfiorandosi le labbra come le dita degli amanti,
ma il sole torna sempre a batter cassa
sciogliendo l’ora d’alba in fiori di melassa.

Siamo fatti per esser noi,
uno più uno del nostro orgoglio,
rampe di lancio per Saturno,
occhi tesori di Giada,
asfodeli esili al canto,
terra dalla Luna,
incroci di stazioni,
passi svelti di tango
e polvere di fata.

gen 29, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Chi siamo noi?

Dell’Apulia m’accoglie il bianco che si finge un celeste di riverbero sotto gli arzigogoli degli ulivi. T’arrivi e pari già a casa, con le pietre spaccate d’angolo in mano ed i misteri dietro l’atrio.
Anna racconta a quei tutti quale sia il suo sogno di carta con gli occhi di chi non s’arrende. Quando parla sfocia l’acqua d’una sorgente che t’avvolge, quando osserva scatta e s’istantanea un riflesso dal quale nascerà un progetto.
L’attorno è fatto di quadri zabrati e persone dal collo lungo che ruminano un concetto e decidono chi fare entrare fra il loro collo e il loro presunto oro.

Le locandine col mio nome sono come pasta sfoglia per questo bimbo sempre in giro e le persone che vogliono sono preziose persino mentre collegano un videoproiettore.
Andria è un cucuzzolo che par largo d’intenzioni mentre si rannicchia d’illusione in una piazza con bisettrici a Trompe-l’œil. L’aria sale dal mare e ti coglie intento a perderti fra viottoli e senzavocali. Plani fra cattedrali in porti e astronavi lunari fino al sapore che ne tiene un cartaio leccese.

Mi fan domande in video, mi raccontan passi in polvere, mi accolgono di firme preziose.
Vorrei non dire a Francesco che la delicatezza è anche un foulard d’emozioni trasmesse, ad Anna che un libro detitolato vive e s’accresce di quel che lei ha appena creato e che sentirsi raccontare dalle persone dell’esser venute apposta per ascoltare un pensiero sghembo è un qualcosa che alza il mondo.
Tutto l’attorno è stato d’inchino per il prossimo stringimano a passo d’ali.

Grazie. A chi vi era e a chi non sapeva d’esserci.

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