Sebbene
Alle persone
che squarciano:
t’aprono d’urla
e nel nulla scompaiono.
Arse presunte,
falci per vene
miele che tace
male per fede.
Alle persone
che squarciano:
t’aprono d’urla
e nel nulla scompaiono.
Arse presunte,
falci per vene
miele che tace
male per fede.
Erba che neve del greve
guarda là per le valli
al fieno che le donne rivolta
c’è un cielo a cappello
e un fiore di quel che si sente
senza una valigia che conti
l’esser mica tanto in bolla
vicino al torrente
perduto nel canto dei larici
lasciarsi all’ondeggio
sopra il vento di malga
e vuotarsi il pane d’anima
col salto più alto del guado
mai più lontano del fumo.
La mia dolce meta
lei s’adombra e scuote
non è un fiore di seta
pura di montagna
e tremante al ballo d’aria.
La mia dolce meta
balla che fa ragamuffin
e l’acqua del temporale
se la beve tutta insieme
che nulla lei teme.
La mia dolce meta
fra spina e giro di basso
non lascia mai la mia mano
onda e battito
polvere e zaffiro.
La mia dolce meta
milonga sul lungomare
sfiora la mia umanità
posa la spesa
e sfiora le stelle.
Da qualche parte attorno al paradiso
c’è una corda di clavicembalo
adagiata ad un pressapochismo di liuto
che tenta sovversivamente un accordo fuori tempo
tuttavia rischia e saluta
qualsivoglia sia il tuo credo
e questa sorta di stridio inumano
racconta un tentativo di vita
passata a reincollare cocci,
a giungere sorridenti nascosti
rifiatando spesso ed inutilmente.
Stringiamoci adesso
che l’aria è un vezzo
posato nel darsi
e grato ai passanti.
Neve che piove
sul bacio di una danza sul prato
mentre risento il tuo bacio sul mento
più umano di questo non ho ricordo
senza più tocchi sui palmi
lasciarsi coccolare da orbite interstellari
ogni alba imparo il gioco
ogni notte disfo il filo
buon anno a noi
insieme si può allontanarsi
respirando le stesse schiene
in speranze da lingue straniere
scritte su coriandoli mistici
e sorrisi magnetici
magie rugose
rintocchi ipnotici
desideri ascetici
e voglie tangibili
buon anno a noi
in cerca del tesoro
tra navi cargo e naufragi
qui si salpa sempre controcorrente
verso isole al sole
e respiri bastanti
avanti
tra carruggi, soldati e superstrade
con il tuo respiro in mente
fra vite deserte e sirene senza tasche
la felicità
è un resto del mio dare
che mi toglie nuvole
spazza il vento
puzza di asfalto, profuma di un battito
ammicca ai germogli, pizzica il sitar,
ascolta gli stupa e canta nei cori di montagna
senza fretta
con passo garbato, fiore all’occhiello
e quel passo leggero
che vive disorientato,
stralunato dai pessimisti
e scalzo sul lungomare
mentre tu da lontano
hai già sentito il mio sorriso.