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set 14, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Quel che conta.

Dir che cosa,
che dir s’è poco quando nulla si ha od è.

Sciatta l’acqua sporca e santa
protetta dal cielo e dal capodimonte
mentre noi si è tutti impegnati
a fingersi quelli che stan sopra le onde.

Salsa l’acqua fra dissidi e bolle
fluttua la boccia per candida protezione
e sta al vetro con l’ammiro asettico:
ottimo nascondiglio per chi vuol mostrare
un respiro curato razionandone il fiato.


C’è poco che valga al mondo
quanto gli occhi d’un tuo amico profondo.

Oltrepassano sempre l’amaro delle vene
fra il di qua e il di là d’un intarsio a contrasto,
scuotendo l’inutile e scoprendolo diverso
unendo un dividendo tradito d’affetto,
dando cognizione d’onore
al tuo bene migliore.

ago 29, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Passport please.

Che è come quando mi regalarai
d’indossarti quel vestitino leggero
cosparso di fiori sotto al collo
e sopra alle ciglia appena appena
quel cappello di paglia.

Ma non lo farai
fin quando non sarà troppo tardi
ed allora sì che saranno veri rimpianti
e non più inermi capricci
da splendida donna.

Girare per mare non so come m’è venuto. Sono salito a bordo allungando la mia mano ad un equipaggio e ne sono sceso stringendo forte i nomi di ognuno dei miei nuovi amici.
Fuori il confine è tutto di ferro saldato, grasso, salsedine e stelle. Dentro un simulacro di baita fra onde con cucina, cuccette, cuori casti e cori caldi.

Poi avevo il tarlo del medio Oriente.
Sabbia e guerra, veli e zuccheri.

Così un bel giorno il portellone della Ro/Ro s’è alzato in punta di piedi e tiranti d’acciaio per muovermi il mondo attraverso il Pireo, le danze turche, la grande Alessandria, una manciata di polvere da Gaza ed il sud acheo di un’isola spaccata al centro in vena di cemento.
Di bergamasco ad un certo punto m’è rimasto solo il corpo, genuflesso all’ascolto d’un andirivieni misto fra l’oxfordiano e ‘n coppa a Vesuvio.
Salassato da gradi centigradi ho cominciato a riconoscere quelli ufficiali, divisi dalla coperta e unti dalla sala macchine.

Miglia e quiete ad insegnar la pazienza della distanza,

la lontananza.

Il vuoto e la paura, quando davvero c’è mancato un pelo mi si è asciugato il sudore freddo con il lume di una candela promessa.
Ho dato ma soprattutto avuto, salutato dai delfini incastonati tra le tessere d’un mosaico d’antica bellezza e costellato da miseria.
Mi sono evaporato dentro un Hamman disarticolandomi il corpo e lasciando disperdere il pensiero.
Più ero lontano più mi sentivo vicino al centro del mio pensiero e quando per un attimo ho creduto d’essermi perso ho compreso che nulla avrebbe imprigionato il blu del mio oceano.

Perciò ho cominciato a ridere.
‘Quando qualcuno ti punta una pistola addosso, tu sorridi’ ,scriveva Tiziano.
E questo è stato.

C’è questa strana alchimia che per quanto non la si creda finisce per ripresentarsi al primo passo: succede che pensi sempre di partire con la testa nei tuoi due piedi e ti ritrovi allo sbarco con nello zaino mille vite d’altri che nel frattempo hai già compreso esserti entrate dentro.
Per ogni ruga di volto avresti una storia anche stavolta: di qualcuno appena abbozzata ma quasi sempre raccolta come un fiume in piena davanti ad un tramonto oppure sussurrata fra un’onda e l’altra od ancora urlata nell’assordante rumore della bestia a motore.

Scrivere di loro è un po’ come allungare la rotta.
Un giorno neanche tanto lontano ognuno di quei ragazzi approderà ad un destino diverso ma mi piace pensare che fermarne l’istante fra le virgole delle parole possa conservare quel che ad un certo punto essi erano e che senza non sarebbero.
ago 10, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Appunti per Blu.
Pizza mari e monti.

L’ombra rasenta dei canadair stenta e vibra i cucuzzoli della città vecchia a tal punto che il primo storno stanotte m’ha svegliato salato in un lago di sudore.
Invecchia le rughe da vecchia in decadenza questa arroganza di cittadina stretta mentre le spalle caduno in un rogo che se ne placida oltre il fuoco.
Non riuscendo più a dormire mi sono infilato al dito il dedalo di viuzze fino allo sbocco del porto dove ho sostato come naufrago di terra sotto la statua benedicente d’una vergine addolorata perchè rivolta verso l’entroterra. Che senso ha, mi son dicetto, curar ‘e creature a mambassa sul dirupo anzichè prostrarsi all’onda?
Senza ovvia e stilita risposta mi son diretto al molo dove ho perso un buon tempo a star dietro al pescato dei pensionati fingendo d’essere esperto e assertendo o mostrando diniego a seconda della qual lotteria fatta ad esca.
Essendo in realtà montanaro ignaro dei secreti d’ogni lenza alla fine ho riposto il bluff in moleskine e ho ripigliato l’andazzo dell’attraversar la strada senza cura del colore al semaforo.
A pizza è buuona buoona.
Fanno un profumo che nun te lo scuordi financo fossi sopra l’Egeo.
‘Namo a remare.
ago 8, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Un due tre stella.

Ho perso tutto il Santo giorno a smontarmi le gambe per oliarle e coccolarle nell’attesa del percorso.
Mi ero illuso che la manutenzione riuscisse facile: qualcosa tipo

svito prima le rotule
poi dalle vene dei polpacci ingrasso bene le piante dei bipedi
passo all’incavo delle caviglie fino a risalire alle giunture degli adduttori
concludo il tutto con uno strappo secco sotto i glutei.

Ed invece fin dall’inizio mi son dovuto arrendere all’idea che la mia passeggiata di salute m’avrebbe in realtà portato ben oltre.
Scrutando meglio la colpa è negatamente solo che mia: avrei dovuto capirlo dal principio che l’impresa m’avrebbe raccolto nel suo torpore anestetico per l’intero volgere del sole, fin da quando la prima perfezione dell’alluce destro mi ha raccolto per più di un’ora in rispettoso silenzio.
Ad ogni modo ora è già tempo di dopocena ed è meglio che mi sbrighi a proteggermi di sogni stanotte perchè lo so come si prospetta questa coperta di stelle.
Succederà come sempre succede che mi ritroverò nel deserto del sonno a cartografarmi rotte che puntualmente stravolgerò sin da Sirio.
Metodicamente catalogherò le mie previsioni del voler far questo meglio di quello e sistematicamente ci penserà l’Altro a farmi deviare intenzioni e sguardo.
Perciò via svelto ad abbassarmi le serrande dei mie voglio che tanto saranno puntualmente dissacrati dal cammino.
Niente giri di volta nel letto, nessuno sguardo al di là del baldacchino che il compagno allacciato è per natura fido e da laggiù non si schioderà se non per mettersi sulle spalle la mia casa.

Si va.
Saluto con inchino,
mozzo al mio destino.

E’ solo che
mi piaceva quest’idea
d’impararmi come si sente la terra
quando non la si può baciare.
lug 23, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Tijuana.

Tijuana bienvenido accavallo il confine
chica l’oro lo espongo senza anulari
Maria Dolores servimi un dolce ululato.

Il tramonto gracchia fra criminali e suine
filogovernativi imbustati come cartoni animati
sfila un revolver accanto a un nervo maculato.

Qui si estingue il tuo debito guapo
dove si disperdono onesti radiogiornali
ed ogni alba si shakera svelta tequila e vite.
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