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Di volta in volta dalla faccia alle spalle son scapole contro scapole: freddi orizzonti inversi e caldi intrecci di polpacci uterini.
Raccogliersi i vuoti a rendere delle proprie spremute zero positive e non curarsi degli innaffi esasperanti.
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Ormai le gambe hanno l’anda delle spalle e mi ondeggiano su questo pavimento galleggiante come esca fra il cielo e il mare. Raggiungo facilmente questo pub ormeggiato da esperto cliente e naturale confidente. Lucy mi aspetta ogni volta con una smorfia diversa: a seconda del sudore che le porto prepara le dosi di alcool nascosto. Stasera le appoggio sul banco trucioli e schegge.
E’ stato un buon giorno, pensa e non traspare.
Sì, le faccio intuire.
Versa nel bicchiere liquido invecchiato più delle mie rughe e già sorride per quanto si immagina io abbia creato.
Una bambola, le mimo con le braccia a culla.
Lei si sospende un po’ a mezz’aria per cercare i suoi trent’anni fa. Poi torna a lavare i bicchieri mostrandomi le spalle nude come ieri.
Ho le mani che tremano ed il mio collo tracima d’impulso un picchio spurgato che picchia.
Ho le mani che vorrebbero mentre qualcuno batte la scopa sul pavimento: è tardi ormai, è scesa la notte, e resta un’orologeria questo post per verruche e piattole.
Sarò asciutto.
Sarà diverso.
Sarà tutto diverso.
Tra poco squillerà un campanello.
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