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giu 7, 2006 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Quinto asso.

Nel decennio più glorioso
del mio dopoguerra misogeno
la scaltrezza per la sopravvivenza
lasciò lo scalpo sul comò poggiato
per un baratto d’amore in contrabbando.

Oggi che vivo asfissiato
ho gli occhi sapor del fiato:
storto il collo in cerca del creato
e covo rancore dentro un rogo.

Per l’occasione
nel giorno ch’annuncia il sudore
saluto Billy Preston con l’abito migliore:
mentre lascio che sia destino
rotolo sulle strisce con attenzione
in bilico fra demoni e divino.

mag 31, 2006 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Ricetrasmittente.

La mia spina nel fianco
è sagace ed ha un bel canto
punge soprattutto quando son distratto
e mi mantiene d’un bel colore alabastro.

Cara la mia chimica
è la volta che non c’è nemmeno più la voglia
perchè ogni respiro lo sento più grave
e mi par così nullo dover mettermi qui
con le gambe che s’aggrottano
accovacciato difronte allo specchio
per giocare di nuovo all’altro universo.

Spesso
mi son dispiaciuto di non essere diverso
al verde delle mele acerbe
più volte ho regalato del rossore
continuando a mietermi sghembo
perchè non ero questo
non ero quello.

Ora
che nei trenta sfavolo ancora
non ho più il garbo
d’offrire il mio gambo
a rose scotte dal caldo:
lasciatemi rimato
decomprensibile animato
corridore all’incontrario
animo vario
sfuggente agli imballi
amante degli accenti caldi
sfasato d’un settenario
acronico gaudio
alieno umano
pazzo ma sano.
mag 26, 2006 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Oboe e marmitte.
Questo rumore di periferia eterna non mi permette l’accondiscendere del sonno fra la mente ed il pongo con il quale oso modellarmi solitamente.
Non è possibile che mi scatti persino la scrittura mentre incedo fra i sassi di questo paciugo di stazione. E’ altamente a fior di pelle bruciare istantanee di pensiero e dover attendere lo sblocco per riuscire a non farfugliare quel che sarebbe dicono il tuo seme.
Mi verrebbe da ciucciare e cucinar ciliegie dal nulla più per cercare di rilassarmi anzichè dover attendere il passaggio di un me stesso latente dietro a questo sferraglio di paesaggio urbano e decadente.
Oboe e marmitte,
muschi e promesse:
una salsa per vomiti a peso,
irriverente ai santi
e votiva agli equidistanti.

Le lastre dicono
che mi s’è smagnetizzato perenne il cervello,
che confondo la notte per Signora da passeggio,
che mi diletto vacuo da medicinale scaduto,
che la mia resistenza è destinata all’infrangersi sui pratici,
che s’ho visto uno spirito me lo son già bevuto,
e che ai romantici io alzo ancora i calici.
mag 18, 2006 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Jacopo.
Se n’esce cieco dal grandangolo
sniffando l’umore e spazziando libero:
già respira la grandezza della festa
sbirciando accanto un padre albero
ed una custode dal sapor di mela.

Benvenuto implume pennuto:
goditi la giostra attorcigliando la gioia,
ultima gemma d’una stirpe fiera
prima dolce goccia del tuo mare caldo
e protettore d’un eterno sapore magico.

mag 17, 2006 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Perfecto para imprimir en una gran variedad de impresoras.

Aver voglia delle lacrime da richiamo per potersi finalmente permettere un business che ti faccia almeno sopravvivere.
Ed invece non ce n’è.
Un’esistenza piena di bus turistic con il tetto senza il tetto e lo sguardo ad O per ammirare il cielo. Riuscire a smeningiarsi per completare l’informazione che ti manca chiedentoti perchè il tuo meccanismo in tutto questo attorno non si imprinta.
Se mi pigi non servo, se mi stacchi non mi riattacco, se mi butti mi rilasso.
Vorrei solo aver del pane per pucciarci il sonno e rendermi felice per sorridere omologato finalmente.
Ed invece niente.
Non riesco a squagliarmi ed il frustino per non acidirmi è lo stupore degli altri.
L’isola dell’estraniazione non dovrebbe permettersi d’avere un tornaconto di sole da spiegazione verso le altre persone.
Se tu resisti quieto perchè il tuo weekend è lo sforo di un’arroganza da lavoro ed il quarantaquattro dei tuoi piedi è la lunghezza massima del tuo campo d’azione d’avanguardia beh questo non è detto sia il metro di chi non riesce più a misurarsi.
Mi verrebbe da dispiacermi per non essere il chi tu vuoi del chi tu sei ma poi mi sostengo dicendo che finirei per essere un essere opposto al mio essere.
Non c’è via se non il verso che da sempre sostiene il mio passo inciabattato da braghe di tela e valigia di cartone.
Canto e viaggio, lascio la polvere fra denti ed epiglottide e bevo quel che mi regala il sereno.
Vedremo.
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