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mar 10, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Che poi è una città.

Imbottigliamento umanoidi.Praga.
Inspira il Dotto’. Brucia il tabacco nella pipa.
Che poi è una città.
Ah, Praga è una città magica, dice come se ce la vedesse tutta li davanti alle pupille chiuse.
Lascia andare il fumo, s’allarga il panciotto e il cielo si scrive.
L’Oriente, L’ Occidente, due culture che si incontrano nel cuore del vecchio continente e che partoriscono idee folli, convinte di esserlo e generano ideali senza cesareo ma bagnati di sangue.
Praga.
Praga è un puttanaio.
Si scaccola Vincenzino. La birra è piscia, il cibo è ‘na schifezza e le donne ti si strofinano contro nei vicoli peggio che di qua, in tutta la città.
Che poi, è una città.
Si accomoda meglio, s’arrabbatta e si lustra i baffi, il Dotto’ e accarezza sulla nuca Vincenzino in un gesto che a lui, Vincenzino, gli fa schifo.
Un po’ puttana lo so si sa, tradita, sfruttata, umiliata.
Ma se dal castello che la domina te ne vai giù giù a rotta di collo sui ciottolati e il pavè che sfiora gli ori e i cristalli la corsa che fai si alimenta di un’aria che già c’era ha visto e vedrà e per quanto ti sforzi di parlarne male già ti cura e non ti lascia più andare.
Praga è un Luna Park.
Paghi poco nulla per uno spettacolo di miserabili.
E fa un freddo da spegnerti i pensieri, fa Vincenzino stringendosi nelle spalle gonfiando le guance e sbuttando fuori il labbro tremolando. Nun se capisce come fa a piacerti Dotto’.
Si alza, il Dotto’. Si sbatte i pantaloni lisi ma dignitosi. S’aggiusta le bretelle, si mette il cappello il cappotto e il giornale sottobraccio. Poi piglia l’ombrello.
Vincenzino corre ad aprirgli la porta. Quello fa il gesto come a ripararsi dalla malevolenza del cielo, poi si ferma.
- Vincenzi’, hai visto comme chiove ‘ncopp’a sta città?
- Si.
- A Praga nun chiove. Nevica.

mar 8, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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E quindi uscimmo a riveder le stelle.

Si passa in continuazione in questa dannata città.
Si passa e non ci si ferma.
Si passa e non ci si guarda.
Adesso poi che sto ricarburando, adesso poi che il Pallone per sette giorni si è sgonfiato e non ha rotolato per queste vie, adesso poi che fatico a ricordare connettere battere Qwerty sulla tastiera dopo 7 di giorni di forzata pausa, beh tutto mi sembra ancora più fottutamente veloce.
Stamane sono riuscito di casa.
L’ho fatto per ricordarmi della gente, per vedere se tutti quei volti erano ancora lì mischiati ben bene.
Non ti chiudo nemmeno la porta e la prima brutta, sconvolta, quel poco che resta spettinata faccia che ti incontro mi si scandalizza di dentro: se di solito lo specchio non è mai stato un leccaculo con me ( ed io lo ricambio di prassi sputando sul vetro) stamattina addirittura mi restituiva dei lineamenti scolpiti da un Picasso sano.
Esco, puzzando di Guernica, e mi porto a spasso tentando di reinserirmi in un similfinto ecosistema cittadino. Faccio buongiorno alle signore, compro il pane sottocasa lasciando gli spiccioli di mancia, riesco a intavolare un inutile discorso sul tempo col meccanico che il mese scorso mi ha ciulato cinquanta euro per una batteria usata.
Fregato, ma con cortesia.
Che poi questa è una cosa di me veramente stupida, da prendermi a calci in faccia: uno mi fotte, me lo mette nel bofice, mi inchiappetta sodo mollandomi una sola incredibile.
Poi alla fine mi fa la battuta, mi entra in simpatia, insomma si va a ber qualcosa assieme e pronto a giurarci che la volta dopo torno da lui. E magari gli pago anche il caffè.
Comunque una volta in strada dopo neanche una settimana di lontananza dal mondo reale dico, in una settimana non succede niente non parte la guerra non crolla un palazzo non riesco a cucinare nulla di commensitible in una settimana male che vada mi faccio cinque docce e scivolo sul sapone ma una settimana davvero per me è nulla insomma dopo così poco tempo sono li sul marciapiede imbaccuccato con auricolari e cappello e voi andate così veloci.
Dove?
Non fa ancora cosi caldo qui da noi sapete e voi mentre mi sfiorate che dovrebbero mettere un autovelox per i pedoni voi sbuffate perché alle otto di mattina siete già stanchi e buttate fuori vapore acqueo in segnali di fumo corporeo che alle otto già contiene tossina sbuff sbuff dove cavolo andate con quel passo deciso?
Quale inutile mansione dovete svolgere cinque inutili minuti prima?
In quale missione di pace siete così coinvolti da non poter vivere da normali?
Voglio dire, ho provato ad allungare il passo, a tornare subito come voi, ma primo mi son sentito subito debole con uno svarione che invocava “zuccheri capo, zuccheri” e allora ho messo in play il cervello, ho rallentato e ho ripreso a camminare.
Dalla parte opposta.
Verso Città Alta, qui è Bergamo, ormai lo sapete, verso le nuvole, il parco, la funicolare.
Verso la parte opposta della città operaia magutta per eccellenza.
Mentre voi correvate al lavoro, io rallentavo alla vita.
Portavo dentro mp3 di soundtrack personale, e voi scorrevate. Scorrevate sulle note, quasi vi adattavate al ritmo, quasi eravate per una canzone armonici. Nelle pause tornavate scontrosi, ma bastava uno stacco nuovo, una rullata di grancassa, un accordo di piano e già ritornavate a capirne di più su come muoversi in questa vita.
Che poi tra cent’anni io non scriverò più, ma voi non vorrete mica star li ancora a correre.
Questo pensavo
E credetemi, avevo un sorriso così beota stampato lì fra i denti che sicuro mi avreste dato un cazzotto in faccia.
Ah: bentornati.

feb 13, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Kokoro kara.

‘Scolta non ho tempo davvero devo andare dai ti ho detto che devo ma scusa non lo capisci proprio sono di fretta ma dai un secondo ma che ti costa due minuti un attimo senti son già in ritardo lasciami che poi mi incazzo ma se non mi hai nemmeno ascoltato non ho tempo non ho tempo è importante ti rubo solo due secondi cosa ti costa dai un attimo che palle che sei ti ho detto CHE DEVO ANDARE cosa urli NON STO URLANDO e allora abbassa la voce che ti senton MEGLIO smettila vai vai pure allora vai CERTO CErto che vado buona giornata comunque buona giornata anche a te.

Porta da aperta a socchiusa a chiusa con elegante velocità scivola e interpone due mondi distanti da più di una rampa di scale.
Allora cos’è? Abitdudine? Assuefazione? Comodità? Cos’è che logora? Cos’è che rade con la lametta capovolta? Cos’è che una volta esploso d’onda d’urto non fa sopravvivere?
Mettiti li un giorno prima, te che una volta ci stavi bene, che avevi buttato la pallina nella boccia dei pesci, che vagavi tra color che son sospesi d’ebete sguardo d’amor rubicondo, e dimmi un po’ che ingranaggio hai perso.
Solo per saperlo. Saperlo prima del farti sedere a quel tavolino tra ventiquattro e dissimularti l’onesta falsità di una pizza silenziosa e autocelebrativa.
Lucidati prima ed ammettiti.
Alla fine del test capovolgi la pagina e guarda al di là delle mani che terrai strette.
Quanto calore ricevi? Tanto quanto ne dai?
E smettila di guardar chi ti passa accanto, ti si sta parlando di un paziente ridotto male e non ti accorgi di esserlo. Forse siamo ancora in tempo.
La fibra è giovane. Ma va motivata.
Rispolverati. Mettiti l’abito da gara.
Sgrullati. Via il torpore via il dolore.
Non cambiare le spezie, hai già un buon sapore.
Ok?
Ancora qui?
E apri sta porta. E corri.

feb 11, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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… Assomigli a tutti noi, sei furbo e birichin
e perciò noi gridiam, viva Topolin! …

Solitamente è l’ ultimo a mettersi in cammino, solitamente lo fa quando tutti gli altri ci son già passati e quando tutte le bocche hanno già parlato.
Ora succede che l’ omino bianco di par suo questa volta non gli vadan le scampagnate.
A ben guardare mi sa che non ne avrà in programma poi altre, forse perchè in passato si è già divertito a girarlo e rivoltarlo tutto questo mondo.
Fatto sta che il pastorale stavolta è rosso ed affonderà nella sabbia assieme a tutte le altre trattative che lo hanno preceduto uscite da uniformi più pesanti.
Succede con sti tempi che a svestirsi di croci lasciando solo quella d’oro al collo che poco ci si badi a quel che un cattolico massimo esponente ti possa pur dire, soprattutto se sei musulmano. Ah.
Ora mi parrebbe da dire che i salmi si rigiran tra i rosari fin dalle crociate e il penitenziagite sia rimasto di celluloide ed impresso solo sulle rose.
Percui mai credo fregato tanto a petrolieri, dittatori, mangiauomini e baionette del fatto che da lassù qualcuno ti dica come dovresti segnarti al mattino o da che parte voltarti la sera. Poco importa perchè come bugia umana non è mai valsa. Baciare l’anello a me fa schifezza di potere, tant’è che lo devo fare da genuflesso chinando il capo guardando i piedi che uno dovrebbe lavare i miei coi capelli ed invece mi schifa e si impone coi paraventi adornati dalle offerte degli oboli.
Tutto questo sol per dire che Shalom a me sembrava significasse totale raggiante e sontuoso “benessere” ed ora me lo ritrovo come strumento dell’ esser bene, tipo una jacuzzi di quelle che si incastrano nei bagni dorati accanto a cessi dorati.
Nel mentre Giorgino Double si arrabbia e ci sputa quasi in faccia finendo per colpire a lunga distanza Le Monde il quale amplifica e rimanda e ripompa tornando oltreacqua terminando sul Times. Certo ok Giorgino e tutta sta storia del risentimento non è mica roba sua, lui mi sa che nemmeno sapeva o aveva studiato o si era ricordato.
Non è colpa sua, lui non è cattivo, è che lo usano un po’ e non lo sa. Tipo Ercolino sempre in piedi, non sta simpatico a voi? Come fai a volergli male? Lo butti giù e sai che torna su. Il problema è che è lui che non sa come, ma torna sempre su.
Com’è che siamo arrivati qui? Ah ok, il cardinale, il bastone, il viaggio. Insomma sembra che si cominci.
Dovrò cambiar la bandiera arcobaleno dal balcone, sporca com’è, e comprarne una tutta nuova. E’ tradizione. Ah guarda, quando mi parte una guerra a me piace spendere, sennò chi me la fa girare sta economia?

feb 8, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Sbuffo.

Io sto qua.
Davvero non disturbo.
Se non mi tocchi
io non scasso.

Aspetta.
Te lo ripeto.
Io
davvero
me ne sto quieto
se mi passi accanto
mi scanso.

Vivo nel mio
mi accorcio persino l’ombra
e quando osservo
lo faccio da miope.

Te
pensa al tuo.
Che me
mi avanzi.