Mariachi
Chissà quale avventura hai tra le dita,
mentre la polvere danza e le ombre bruciano:
un orlo di rum, due gocce di destino,
un gioco di ciocche sul volto del collo,
un sogno cadente dalla mano di un bambino.
Chissà quale avventura hai tra le dita,
mentre la polvere danza e le ombre bruciano:
un orlo di rum, due gocce di destino,
un gioco di ciocche sul volto del collo,
un sogno cadente dalla mano di un bambino.
Fermato dal nulla
appeso di stelo
ritornando impavido
giocando il ghiaccio,
immortale effimero.
Buongiorno,
nubi private dei sensi,
giri cauti e stupidi:
compresa la misura
d’umano resta il fiato
poco, prezioso e anomolo.
Di grandezza chi siamo?
Vaganti un pizzico,
già sbrina e scordiamo,
arriva la sua mano:
non molliamo.
Torcio il collo,
sbiellando le scapole,
vetusto di pensiero,
parco nei respiri
e tenue nel darsi.
Più grezzo sul chiedersi,
greve di spigoli per altri,
pesi stanchi negli sguardi.
Toni a modo di grigi cieli,
ronzii di altri destini,
sale lontano al rogo buffone,
studiarsi da capo ostici
mal tagliato su risa di orchi.
Pimpoli miti,
baratti del destino,
gorgogli distratti,
trottole vaganti.
Creta del siamo,
binari scassati,
tornando al sempre
sommersi e ciechi
in grotte presenti.
I conti, a lumi accesi,
son semi di pensieri
da farsi senza assenti
e giocarsi fra i misteri.
Il perfido affusolato assioma
ostenta da ogni arduo arrocco
la genesi incoerente d’una pena
emblema di una fiamma or fioca,
polvere unica mandante al ruolo:
piacente, tradita e al fine arresa.