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Ah
Santa Claus de noi artri rubaci i quadri e lasciaci elastici
molli al vento pronti all’ondeggio
chi più ne ha più si senta disperso:
qui fa un freddo che a parlarci mi glacio le fauci.
Piove vapore dal sugo di queste dimore
finte neoclassiche finte fatiscenti finte farse per chi non ha conpromettenti
con le tonde vetrine a sputi, con le mimiche dal volume a palla
si scrisse qui giace uno che giocava a carte col quartino
mezzo di vino e creduto divino dopo un bianco sporco
dopo un benvenuto d’osteria
ma poco prima di mandarlo via
verso i campi ad arare carezze ai corvi
verso venti distorti da frequenze usurate dai poggi
nascoste da gomiti alzati e da calli scarsi fra martelli e travi.
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Groppa
buttera stanchezza
del laico prevedere
che in questo paese
vince sempre e solo
chi non ha pretese
s’esalta l’immagine
s’evita la fatica
il sudore non patina
meglio la fica.
Ho scelto al masso
dagli anni del respiro al vento
ora non ho che l’attendo e resto
la spirale gira e sicuro
dopo la ressa resta il seme
alzata la panna al polverone
ritroverò i compagni del senso
spersi chissà dove.
Ho noia del finto dolore
ho rispetto di chi si reinventa.
Per chi attizza il fuoco
invece solo diffidenza
se non s’è mai scottato
una volta l’agenda.
della sua giusta essenza.
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il bisogno d’avere il tuo bisogno e non passa un sole che s’alza E se ci fosse Vale la scommessa In qualche mondo
non è la stessa cosa,
che me la rigira in testa la domanda
fra fortuna o destino
e non lo dico a nessuno
dovrei solo fermarmi
respirare forte
e togliermela da dentro
questa parte tua di me
una mattina che scalda
senza il tuo vestirmi
senza le tue mani
senza la voglia
di dare un senso al domani.
almeno un passo
insieme
forse riuscirei a rimettere
le rime nel modo che sanno
per dirti
che senza anche solo un po’ di Blu
qui il cielo non sarebbe lo stesso.
d’una fortuna che non conosco.
quando parte un ritornello alto
c’è un bimbo che aspetta
un giorno o presto l’altro
oltre i morsi ed i palloncini a fiori
non so ancora
so
amarti.